lunedì 12 agosto 2013

La pedofilia rosa - PARTE I.

“La pedofilia è anche donna”. Una frase questa, che scuote le nostre sicurezze più profonde lasciandoci perplessi e attoniti, quasi sbalorditi ed increduli; forse perché al termine “pedofilo” si associa automaticamente la figura di un uomo. In realtà la pedofilia riguarda sia uomini che donne: in Italia, su cento adulti che abusano di bambini, cinque sono donne.

La pedofilia al femminile, come quella maschile, può celarsi all’interno delle mura domestiche o “sfamarsi” all’esterno.

Ma allora perché non se ne parla?

Su questo argomento se ne sa davvero poco e poco è stato scritto in merito: è un tipo di abuso poco studiato e conosciuto. Parlare di donne pedofile non risulta né comune né semplice: è come se questo argomento fosse avvolto da una corazza protettiva costruita, prima fra tutti, dalla società e poi da noi stessi.

Esistono, infatti, delle potenti “barriere” nelle coscienze di ciascuno di noi che ostacolano e impediscono il riconoscimento della donna come una potenziale e probabile abusante di bambini. Accostarsi a questa tematica non è molto semplice poiché i dati, di fatto, ci portano a dover ammettere la possibilità che proprio coloro che dovrebbero essere portatrici del rassicurante istinto materno (e quindi difendere, curare e amare la propria prole) si rendano autrici di abuso su minori.

Questa “negazione collettiva” è rinforzata dalla presenza di stereotipi che caratterizzano tutte le culture e le società: alla donna continua ad essere attribuito il ruolo del più “debole” attribuendole maggiore sensibilità, orientamento verso funzioni di cura e accudimento, marcata attenzione verso l’affettività e la tenerezza. In alcuni casi, qualora l’abuso da parte di una donna dovesse uscire allo scoperto, esso gode di una valutazione basata sulla credenza che una madre, che ha il compito di proteggere, stia semplicemente prolungando, forse in maniera insolita, ma non colpevole, il suo precedente ruolo protettivo.

Cause scatenanti la pedofilia femminile possono essere la separazione, l'abbandono, la perdita o un’esperienza di abuso: tutti eventi che sono stati vissuti in modo traumatico e che, soprattutto, non sono stati elaborati e quindi risolti. Una delle conseguenze più importanti di un trauma non risolto è, in realtà, la coazione a ripeterlo.

E’ notevolmente difficile tracciare un quadro esaustivo della pedofilia al femminile, ma si potrebbe iniziare, cercando di fare una prima distinzione tra pedofilia femminile intra-familiare e pedofilia femminile che si manifesta al di fuori delle mura domestiche. Quest’ultima è comparsa, all’incirca, intorno agli anni ’70 quando donne americane e canadesi, per lo più divorziate e vedove, favorite dall'emancipazione economica, hanno iniziato a recarsi verso spiagge lontane alla conquista, soprattutto, dei "beach boys", ma anche delle "beach girls" che potevano farle sentire “regine per una notte” con soli 100 dollari. La pedofilia femminile intra-familiare invece, che si nutre di segreti, rapporti pericolosi, sentimenti di amore e odio, è molto più difficile da identificare e scoprire perché celata spesso dietro gesti di accudimento abituali.

Nell'anamnesi di pazienti maschi, molto spesso emergono madri che continuano a fare il bagno a figli adolescenti o che spingono, in assenza del padre, il figlio ormai adulto a dormire nel letto matrimoniale.

Nel volume “E se l’orco fosse lei”, Loredana Petrone e Marco Troiano, indicano sei tipologie di pedofilia al femminile:

•La pedofila latente - La donna nutre una morbosa attrazione nei confronti dei bambini, ha fantasie erotiche ma non arriva ad agire. Questo perchè, pur avvertendo sin dall’adolescenza la propria attitudine morbosa, le norme morali che le sono state inculcate la rendono consapevole del fatto che le sue pulsioni non sono socialmente accettabili e per questo motivo le nasconde.

•La pedofila occasionale - La donna, pur non avendo pesanti distorsioni psicologiche, in situazioni particolari, come ad esempio nel corso di viaggi all’estero, soprattutto in Paesi con un forte tasso di turismo sessuale (come Cuba o la Thailandia), si lascia andare ad esperienze sessuali trasgressive. Si tratta, in genere, di donne di età compresa tra i 40 e i 50 anni, con un livello socio-culturale medio-alto, single o divorziate.

•La pedofila immatura - La donna non è mai riuscita a sviluppare normali capacità di rapporto interpersonale con coetanei, manca di una sufficiente maturità nella sfera affettiva ed emotiva e pertanto rivolge le sue attenzioni al bambino, dal quale non si sente minacciata. Questo tipo di pedofila, di solito, non ha comportamenti aggressivi ma di tipo seduttivo e passivo.

•La pedofila regressiva - La donna, ad un certo punto della sua vita, inizia ad avvertire un senso di inadeguatezza a convivere con gli stress quotidiani, e questo la porta a regredire nella fase infantile, iniziando così a rivolgere il suo interesse sessuale verso i bambini, sentendosi essa stessa bambina.

•La pedofila sadico-aggressiva - La donna manifesta spesso un comportamento schivo e antisociale, trae piacere nel provocare il dolore e, alle volte, la morte della sue piccole vittime. Alla base di questo comportamento distruttivo c’è sempre un background di aggressività, frustrazione ed impotenza, un sentimento di svalutazione di sè e degli altri.

•La pedofila omosex - La donna trasferisce su una bambina l’amore che non ha ricevuto dalla mamma. Si identifica con la piccola, vittima delle sue attenzioni, e vede nella bimba ciò che lei stessa era alla sua età ed attraverso l’abuso, non necessariamente invasivo, riesce a colmare le carenze affettive subite.
Questa breve trattazione non è nata con l’intento di voler essere esaustiva e far luce sul fenomeno tanto complesso e poco studiato della pedofilia al femminile. Ma il primo passo per riuscir ad illuminare un fenomeno altrimenti sotterrato e tenuto nascosto perché troppo orrendo per essere accettato dalle nostre coscienze è quello di iniziare a scrivere della sua esistenza. Solo così si può pian piano acquistare consapevolezza che esistono tali orrori altrimenti impensati ed è proprio con questa consapevolezza che è possibile accorgersi che in una famiglia, o in un bambino, c’è qualcosa di strano.

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